Principi per una buona assistenza

Non sovrastimare le disabilità, perché, in questo modo, le risorse individuali residue vengono sottoutilizzate e si accelera l’approdo allo stato di non autosufficienza

Non sovrastimare le capacità residue per evitare di andare incontro ad una REAZIONE CATASTROFICA, caratterizzata di solito da rifiuto e agitazione

Garantire la COSTANZA DELL’AMBIENTE (es. gli oggetti al medesimo posto) per evitare il piú possibile qualsiasi forma di sradicamento; si tratta in pratica di creare una sorta di “nicchia ecologica” dove il soggetto è in grado di ritrovare il controllo ed autogestirsi, utilizzando almeno in parte i locali accessibili con sufficiente raziocinio. Tale ambiente dovrebbe anche garantire un buon livello di sicurezza per evitare che il demente si autodanneggi (es. assenza di fornelli a gas, coltelli, sostanze chimiche etc.). Questo tipo di ambiente viene anche definito “AMBIENTE PROTESICO” (termine coniato da Moyra Jones)

Ridurre il più possibile il NUMERO DI PERSONE che si occupano del soggetto per permettergli di acquisire maggior consuetudine e familiarità

Rispettare il piú possibile la ROUTINE QUOTIDIANA (ritmo sonno-veglia, alzata da letto, orario dei pasti, altre attivitá quotidiane)

Usare la tecnica della scomposizione di un compito o attività complessa in azioni piú semplici o atti elementari; in pratica si trasforma un’azione in una successione temporale di atti semplici e, durante lo svolgimento del compito, si controlla e si possono dare suggerimenti

Far esercitare tutte le funzioni residue ancora presenti attraverso una terapia occupazionale tarata sulle abilità specifiche conservate, sulle attività ed attitudini del passato e sull’entità del deterioramento cognitivo

Improntare la relazione con il malato affetto da AD a 4 principi-base, interdipendenti fra loro:

  • LIBERTÁ
  • SICUREZZA
  • TOLLERANZA
  • FLESSIBILITÁ

 

Fornire informazioni corrette; non avvalorare gli errori presenti nell’ideazione del demente e rispondere alle inesattezze come se fossero vere. Al contrario è importante attuare una sorta di strategia riabilitativa che consiste nel fornire informazioni corrette e correggere gli errori, anche se il paziente continua a ripeterli e non mostra di riuscire a trattenere le informazioni ricevute

Fornire sempre al malato le informazioni di base: data del giorno, luogo in cui si trova, significato e scopo delle principali azioni che vede svolgersi intorno e/o che lo riguardano

Controllare la presenza di problemi sensoriali (es. ipoacusia, cataratta etc.), l’uso corretto di eventuali protesi ed eventualmente consultare lo specialista, per favorire al massimo la comunicazione con il demente.

COMUNICARE CON IL PAZIENTE rispettando alcune regole semplici ma efficaci:

  • il demente ha un campo visivo molto ristretto, quindi è opportuno scegliere un ambiente ben illuminato, non in penombra, annunciare il proprio arrivo anche con dei suoni (es. dicendo il proprio nome o salutando), muoversi adagio, mettersi di fronte all’interlocutore, preferibilmente all’altezza degli occhi (contatto visivo) ed a una distanza di circa 150 cm. (lettura delle labbra e identificazione della mimica facciale);
  • il demente presenta di solito una ipersensibilitá acustica associata ad una difettosa capacitá di identificare la sorgente del suono e di riconoscerlo (agnosia uditiva) e mal sopporta rumori di fondo o rumori improvvisi; perció è meglio scegliere un luogo tranquillo privo di rumori;
  • mentre si parla con il paziente è auspicabile non svolgere nessun altra attivitá, per non contribuire a distrarlo; è altrettanto vero che puó risultare estremamente arduo per un demente iniziare una conversazione mentre si appresta ad un’altra attivitá (es. mangiare, lavarsi o vestirsi);
  • di frequente il malato sente il bisogno di stare in silenzio, rifiutando di entrare in contatto con chiunque; è necessario rispettare queste pause;
  • cercare di evitare qualsiasi forma di interazione con il malato se si è arrabbiati o impazienti;
  • non parlare mai del malato con altre persone in sua presenza, convinti che non capisca;
  • È auspicabile “COMUNICARE CON IL CUORE”. Questa espressione ha piú di un significato:
  • EMPATIA l’operatore dovrebbe cercare di immedesimarsi nel vissuto del malato e dimostrargli sollecitudine per creare un contatto emotivo significativo;
  • COMUNICAZIONE NON VERBALE l’espressione del viso (il malato no riconosce il volto ma coglie il sorriso), lo sguardo, l’intonazione della voce (mai troppo alta), il linguaggio corporeo (il modo di muoversi, di comportarsi), il contatto fisico (prendergli la mano, fargli una carezza, se, ovviamente, è consenziente) contribuiscono a trasmettere sentimenti e stati d’animo anche piú delle parole. Per questo motivo l’operatore deve essere consapevole del proprio linguaggio corporeo ed apparire sempre coerente;
  • STEREOTIPO del malato di demenza che viene paragonato ad un bambino. E’ necessario eliminare questo concetto spesso abusato e considerare il malato come una persona adulta, con un proprio passato; rivolgersi al demente come se fosse un bambino lo puó soltanto umiliare, contribuendo ad innescare reazioni aggressive e comportamenti disfunzionali.